La riduzione da un linguaggio a un altro, nel contesto della teoria della complessità computazionale, è denotata dal termine "riduzione" e indica la capacità di trasformare le istanze di un problema in istanze di un altro problema in un modo che preservi la soluzione. Questo concetto gioca un ruolo fondamentale nella comprensione della decidibilità dei problemi e delle relazioni tra diversi compiti computazionali.
Una riduzione è una mappatura dalle istanze di un problema, generalmente chiamato problema di origine, alle istanze di un altro problema, noto come problema di destinazione. La riduzione è richiesta per soddisfare due proprietà principali: correttezza ed efficienza.
In primo luogo, la correttezza garantisce che la riduzione preservi la soluzione. Se un'istanza del problema di origine ha una risposta positiva (o negativa), anche l'istanza corrispondente del problema di destinazione dovrebbe avere una risposta positiva (o negativa). Questa proprietà garantisce che la riduzione catturi l'essenza del problema di origine nel problema di destinazione.
In secondo luogo, l'efficienza implica che la riduzione possa essere calcolata in un ragionevole lasso di tempo. Il tempo di esecuzione della riduzione dovrebbe essere polinomiale nella dimensione dell'input al problema sorgente. Questo requisito di tempo polinomiale garantisce che la riduzione stessa non introduca ulteriore complessità computazionale.
Riducendo una lingua in un'altra, stabiliamo una relazione tra i compiti computazionali associati alle due lingue. Se il problema di origine è più difficile del problema di destinazione, nel senso che qualsiasi istanza del problema di destinazione può essere risolta riducendola al problema di origine e quindi risolvendo quest'ultimo, si dice che il problema di destinazione è riducibile al problema di origine. Questa relazione di riduzione ci consente di ragionare sulla complessità del problema target in base alla complessità del problema sorgente.
Ad esempio, si consideri il noto problema di determinare se un dato numero è primo. Questo problema, noto come PRIME, è nella classe di complessità NP (tempo polinomiale non deterministico). Supponiamo ora di avere un altro problema, chiamato FATTORE, che consiste nel trovare un fattore non banale di un dato numero. Se possiamo ridurre FACTOR a PRIME, nel senso che possiamo trasformare istanze di FACTOR in istanze di PRIME in modo tale che la soluzione di FACTOR possa essere ottenuta dalla soluzione di PRIME, allora possiamo concludere che FACTOR è difficile almeno quanto PRIME. Questa relazione di riduzione ci aiuta a comprendere la complessità di FACTOR in termini della ben studiata classe di complessità NP.
La riduzione da una lingua all'altra è denotata dal termine "riduzione" e indica la capacità di trasformare istanze di un problema in istanze di un altro problema preservando la soluzione. Questo concetto è essenziale per comprendere la decidibilità dei problemi e le relazioni tra diversi compiti computazionali.
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